Kavvingrinus – Lula Sognatrice

Nel caso di Lula gioco in casa. Conosco questa ragazza preziosissima sin quasi dall’inizio della mia vicenda “wordpressoriana” (se mi consentite l’orrendo neologismo), attraverso il multiblog La nostra Commedia. Ne ho seguito lo sviluppo esistenziale ed anche poetico.

Trovo che la sua personalità ancora in formazione, sia una delle più interessanti tra quelle dei giovani blogger che mi capita di leggere o che seguo con interesse. Il suo Kavvingrinus ha molti punti di contatto con le mie letture (e qui potremmo aprire tutto un discorso sul fantasy e su quel benedetto Tolkien che adoro), ma ciò che mi lega a Lula è una certa visione delle emozioni che entrambi esprimiamo anche se in modo differente. E’ chiaro, rispetto a lei io sono un vecchio (ma credo che lo sia anche rispetto ai miei compagni di percorso Avvo e Ysi) e questa vecchiaia si manifesta in un modo più posato di vivere i sentimenti (anche se a dire il vero non sempre è così…anzi…), ma anche Lula ha quelle caratteristiche di “permanenza” e di “coscienza” che la renderanno nella sua vita un personaggio sempre più bello. Le sue letture sono come lei. Si capisce che c’è tutta una ricerca dietro e si capisce che i libri probabilmente indirizzano fortemente il suo immaginario. Per questo ho scelto per lei un’astrazione paradossale (e che per inciso è anche lo screen-saver del mio iphone): un movimento magmatico, una crescita che si evolve, squarci di luce che invadono e che non investono e una sorta di telo bianco davanti ad ogni cosa che va aprendosi per lasciarci vedere la scena totale. Perchè è così Lula, è un mondo magmatico che non si è ancora pienamente rivelato, un percorso che va rischiarandosi e che vede come spezzarsi il guscio attraverso gli squarci di luce che avanzano, nelle sue stesse interiori frantumazioni. Lula è una ragazza giovanissima. Lula è un mistero. Ma un mistero che sa già di bello.

 

E adesso a leggere Avvocatolo ed Ysingrinus 😉

 

 

 

Sono sempre stata una Sognatrice Cronica: è così che amo definirmi.

Non per poetico narcisismo, ma perché è nella mia più intima Essenza.  

C’è da dire, però, che non sarei mai diventata tale, senza un piccolo aiuto: i libri…

I libri sono sempre stati un modo per evadere dalla realtà:

un modo per sentirmi “a casa”, in un mondo tutto mio…

Il primo “incontro letterario” mi vede ancora come un’anonima spettatrice, ma è importante menzionare questo evento, perché ha condizionato in maniera molto profonda la mia vita di lettrice.

Ero ancora una bambina, forse di sei o sette anni.

Ogni sera, con trepidazione, attendevo il momento di andare a letto:

era il “momento della favola”!

Mia madre, paziente, mi rimboccava le coperte e apriva le pagine di un libro… e quale poteva mai essere, se non Piccole donne, di Luoise May Alcott?

Forse il Primo libro in assoluto di ogni ragazzina che si accosti alla lettura… forse:

per me è stato così.

E sono stata sempre legata a tal punto a quel ricordo infantile, che non ho mai letto il libro, se non molto più tardi.

Nonostante ciò, la storia di queste quattro sorelle è sempre stata un modello per me, soprattutto perché una di loro è il mio quadro spiccicato: una sognatrice che vive in una dimensione parallela, e che si affida all’inchiostro di una penna.

Una ragazza malinconica che non trova mai il suo posto nel mondo e che, solo dopo molte tempeste, riesce a realizzare i suoi sogni e a trovare l’amore.

Il primo libro realmente letto (fine anni ’90) è stato Il primo incontro, scritto da Mel Gilden, e basato sulla serie televisiva di Beverly Hills 90210.

Questo approccio non è stato particolarmente formativo, ma lo cito perché con esso sono passata da semplice “spettatrice” ad “attrice”.

La vera scalata è cominciata tra la l’infanzia e l’adolescenza, sempre grazie a mia madre: da ragazza amava leggere i romanzi rosa di Liala, così mi ha “regalato” tutti i suoi libri. È stata una fase fondamentale, che sebbene mi abbia un po’ “rovinata”, alimentando la mia concezione dell’amore romantico, mi ha anche avvolta in un mondo magico e mi ha lasciato dei “valori”.

Inutile passare in rassegna tutti i titoli:

basti sapere che sono poco più di una quarantina.

Tappa importante della mia “seconda adolescenza” è Dio su una Harley, di Joan Brady. Non sono mai stata molto religiosa, almeno fino ai miei 17 anni, quando questo libro mi è “casualmente” capitato tra le mani, in un periodo molto buio della mia vita… e mi ha offerto la risposta che stavo cercando.

A questo si aggiunge: La nostra vita nelle stelle (Niall Williams), con cui ha cominciato a farsi strada il mio amore per i Celti e le tradizioni irlandesi.

Seguono: Fiabe irlandesi (Yeats), Il mulino dei dodici corvi (Otfried Preussler) e

Harry Potter e la pietra filosofale. Con questi ultimi quattro, mi sono leggermente aperta un varco nel genere fantasy.

A metà del mio percorso liceale (e poi grazie all’università) ho cominciato a leggere qualcosa di più impegnativo, stimolata anche dai miei studi.

Tra i tanti: Goethe (I dolori del giovane Werther, Le affinità elettive e il Viaggio in Italia), Coleridge (La ballata del vecchio marinaio), Stevenson (La freccia nera, L’isola del tesoro, Lo strano caso del Dottor Jekill e del signor Hide), Calvino (Se una notte d’inverno un viaggiatore, Ultimo viene il corvo, Il cavaliere inesistente e Le città invisibili), Shakespeare (Il re Lear e Romeo e Giulietta), M. Ende (La storia infinita), Chrétien De Troyes (Lancillotto del Lago, Perceval), Hemingway (Di là dal fiume e tra gli alberi), Keats (Poesie).

Altre “tappe fondamentali” sono:

Martin Eden (Jack London), Orgoglio e pregiudizio e Persuasione (Jane Austen).

Martin Eden è la storia romanzata dello stesso London: un ragazzo di strada che sogna di diventare uno scrittore famoso, per elevarsi agli occhi della donna amata, ma che poi si suicida, perché si sente schiacciato dal peso della sua stessa vita.

Anche qui, inutile dirlo, ho visto me stessa: per il sogno di diventare una scrittrice (non necessariamente famosa) e per il mio inseguire una chimera amorosa.

Con Jane Austen, invece, non ho fatto altro che alimentare la favola alternativa e inesistente del Principe Azzurro: un bel Signor Darcy tutto per me!

Un Uomo che fosse realmente Uomo: serio, maturo, leale e trasportato da un amore profondo e sincero.

E Persuasione mi ha insegnato che l’Amore Vero non conosce tempo, né distanza…

Continuiamo, con alcuni romanzi storici di Valerio Massimo Manfredi:

L’impero dei draghi, I cento cavalieri, Lo scudo di Talos, Le paludi di Hesperia e L’armata perduta. Tramite quest’ultimo romanzo, sono arrivata all’Anabasi di Senofonte, ma è stata un’ardua impresa finirla.

Ho divorato invece, con piacere, l’Odissea e l’Eneide, che resta in assoluto il libro più bello che abbia mai letto. Non credo sia un caso che Dante abbia scelto Virgilio, come guida nel suo viaggio nell’al di là.

Tra le mie ultime letture, cito Mangia, prega, ama (Elizabeth Gilbert) e L’arte di amare

(Erich Fromm): due libri che mi sono stati davvero di aiuto, in questo periodo della mia vita, insegnandomi ad avere pazienza, a volermi bene e a non arrendermi mai.

Un posto speciale va al mio amato Tolkien (di cui ho letto: Il Signore degli anelli, Roverandom, I figli di Hurin, Lo Hobbit).

Non tanto per avermi fatto conoscere la Terra di Mezzo, la Contea e la lingua elfica, ma perché se non fosse stato per lui, adesso non starei qui a scrivere la mia storia di lettrice per Kavvingrinus.

L’amore per Tolkien mi ha portato a conoscere una persona meravigliosa:

grazie a lei ho aperto il mio primo blog e intrecciato il mio destino con quello di altre preziosissime persone.

In questo caso sì: potrei davvero dire che leggere mi ha cambiato la vita.