Kavvingrinus – Molfy

Nel caso di Molfy parto da una difficoltà finora non sperimentata, ossia quella di non conoscere in alcun modo la persona in questione, “dovendola leggere” solo attraverso le sue letture.

La fotografia che ho scelto, ha alla base proprio questa misteriosità, che diviene raffinatezza nel momento in cui si incrociano le sue letture. Un percorso molto femminile tracciato com’è in modo affettivo. C’è in qualche modo un collegamento con la tradizione della lettura, ma anche la spinta verso la scoperta della novità e della sperimentazione personale. La scelta inoltre della lingua tedesca (che conosco per studi) tradisce l’ordine mentale (la grammatica tedesca è quasi matematica nella costruzione della frase) ed in qualche misura l’apertura verso un mondo nel quale le parole si costruiscono di volta in volta in modo collegato ai sentimenti (non a caso il romanticismo nasce proprio in lingua tedesca… Ho amato Novalis in modo estremo, per capirci). Se dovessi definire Molfy solo dalle sue letture, mi viene in mente proprio lo scatto che vi ho presentato. Eleganza, raffinatezza, signorilità ma anche ordine, sentimento. In una sola parola: estrema femminilità. Sono curioso di sapere cosa hanno scritto i miei amati colleghi: Avvocatolo e Ysingrinus. E voi?

  

 

Quella che ho coi libri è un’intensa, lunghissima storia d’amore. Dacché io mi ricordi, ne ho sempre avuti intorno e, da quando ho imparato a leggere, non ho più smesso.

Tra le letture d’infanzia rammento con particolare affetto Pollyanna, da cui devo aver preso il gioioso ottimismo, e “Pattini d’argento” di Mary Mapes Dodge, ma sullo scaffale della memoria in bella vista ci sono pure l’ “Isola dei delfini blu” di O’Dell Scott e “Cuore” di De Amicis.

Da ragazzina ho avuto un debole per A.J.Cronin, ma non disdegnavo nemmeno E.A.Poe e A.C.Doyle (la doppia iniziale puntata evidentemente esercitava un certo fascino su di me).

Alcuni libri sono legati indissolubilmente a nomi e volti di insegnanti. Quella di Lettere  di terza media, ad esempio, non solo mi suggerì la “Collina dei conigli” di Richard Adams, ma me ne procurò lei stessa una copia in formato economico, che mi consegnò ancora incellophanata: l’aveva acquistata appositamente per me! Al liceo il prof. di filosofia mi fece leggere “Dal mondo del pressappoco all’Universo della precisione” di Alexandre Koyré, proponendomi di costruirci una lezione per l’intera classe. Inutile dire che ho sempre amato la filosofia. E forse anche un po’ il professore, di cui del resto eravamo tutte più o meno dichiaratamente innamorate…

Da adolescente in cerca di indipendenza di pensiero, ho letteralmente spiccato il volo insieme al “Gabbiano Jonathan Livingston” di Richard Bach, mentre per il “Piccolo Principe” devo appellarmi ai diritti del lettore di Daniel Pennac, non avendolo mai finito. Proprio non ci sono riuscita.

Al contrario, ci sono libri che ho preso ripetutamente in mano, come “Il nome della rosa”, di Umberto Eco, che ho letto tre volte, apprezzandone via via i diversi piani di lettura: ora la trama del giallo, ora lo sfondo filosofico, ora l’impianto teologico. (Ho visto anche il film, ma più per Sean Connery che per la trasposizione cinematografica!).

Ogni libro è un’avventura e una scoperta!

I bellissimi diari di viaggio “Patagonia Express” di Sepúlveda e “La corsa del levriero” di Alex Roggero mi hanno portato ad esplorare le Americhe senza problemi di jet lag.

Con  “La cruna nell’ago” e “Codice Rebecca” di Ken Follett mi sono catapultata nello spietato mondo dello spionaggio, spingendomi anche a divagazioni bondiane, immaginando che un affascinante 007 rischiasse di  prendersi una pallottola in  mia presenza, mentre bevevo un Vodka Martini (agitato, non mescolato) in sua compagnia.

Recentemente, “Sei biblioteche” del serbo Zoran Živcović mi ha condotta in un surreale inferno postdantesco dove la pena per chi non si dà la pena di leggere in vita, è leggere per la vita eterna.

Non è il mio caso, chiaramente….

Leggo un po’ di tutto, persino i bugiardini dentro le scatole dei farmaci, salvo poi restare atterrita dagli effetti indesiderati, per cui finisco sempre col buttare i medicinali e tenermi il dolore.

Leggo abbastanza: in media  una quarantina di titoli l’anno.

Amo i libri, il frusciare delle pagine, l’odore della carta, il risvolto di copertina…

È evidente però che a un certo punto ho dovuto smettere di acquistarne, essenzialmente per due motivi. Uno squisitamente economico, l’altro… strutturale! Mio marito – ingegnere – direbbe che i solai non sono calcolati per reggere il peso delle mie ambizioni culturali (leggi: librerie sovraccariche!) Così, per evitare crolli nel bilancio familiare e nella mia umile dimora, ho preso a frequentare assiduamente la Biblioteca Civica, dove, conoscendomi, derogano spesso al limite di prestito di tre libri per volta.

Lo ammetto: la mia lettura a volte è un po’ compulsiva. Sono una lettrice avida. Avida di emozioni. Una storia deve catturarmi, prendermi e farmi sua. Non mi importa tanto ricordarmela dopo averla letta, quanto viverla mentre la leggo, sentirla intensamente quasi a raggiungere qualcosa di simile a un orgasmo mentale…

Per darmi una calmata e complicarmi un po’ la vita (così almeno riesco a far durare un libro per più di una settimana), ho cominciato a leggere testi in Tedesco, lingua che ho ripreso recentemente a studiare e che amo quasi quanto il nostro meraviglioso Italiano.

Ho iniziato dai classici “Leiden des jungen Werthers” (i dolori del giovane Werther) di J.W. von Goethe, sono passata a E.T.A.Hoffmann (ancora iniziali puntate!!!) per approdare infine ad autori contemporanei.

Spassosissima e capace di farmi sorridere nei giorni un po’ grigi è la scrittrice Kerstin Gier, una sorta di versione germanica di Bridget Jones e i suoi diari (in Italia è uscita con “L’uomo che vorrei” per Corbaccio). Un titolo su tutti: “Männer und andere Katastrophen” (uomini e altre catastrofi).

Ora sono alle prese con l’intrigante “L’ultimo Abele”, del Nostro.

Ed è stato amore a prima riga.

Kavvingrinus – Colpo di Tacco

Colpo di  tacco è un personaggio interessante. La conosciamo perché è una donna legata ad uno sport, per consuetudine e limiti mentali, declinato al maschile, ossia il calcio. Ne conosciamo la sagacia e la grande capacità di far spogliare uomini e donne. Nel suo blog si intravede una donna forte, piuttosto decisa ma capace di sentimenti assolutamente femminili. Le sue letture rispecchiano questo carattere. Non sono convenzionali, ma decisamente “volute”. Da organizzatrice quale è, determina modi, tempi e generi di lettura. E se legge è più per affermare la sua libertà di farlo che per un bisogno, se non nella misura in cui le permette di staccare dalle cose che la circondano. La mia creazione rispecchia questo carattere, è fondamentalmente colore senza mediazione, passione e convinzione. Ed è per questo che apprezziamo Colpo di Tacco. Perché lei è così: decisa, immediata. Donna. 
  
La mia carriera di lettrice, volontaria, di libri è iniziata un po’ tardi. Fino alle superiori leggevo solo perché dovevo. Perché me lo imponeva la scuola. Il primo libro letto di mia iniziativa è stato Piccole donne. Per me una sorta di Bibbia modera.Poi crescendo ho iniziato io a scegliere cosa e quando leggere. Riassumerei seguendo queste tappe:

I gialli di Agatha Christie sono stati un punto di svolta: ne ho letti tanti e per diverso tempo

Poi sono passata alle letteratura più “femminile” e classica: Orgoglio e pregiudizio, Ragione e Sentimento, L’educazione sentimentale, Le affinità elettive e Madame Bovary.

Poi sono tornata ai thriller con tutti i libri di Giorgio Faletti (oh, a me son piaciuti)

Un altro periodo è stato quello delle letture miste, senza un tema comune, mi andava di leggere quel libro e lo leggevo: Sulla strada, La solitudine dei numeri primi, Memoria delle mie puttane tristi, Sostiene Pereira, Il grande Gatsby e Va dove ti porta il cuore…

Poi sono passata a libri sul giornalismo molto tecnici o scritti da giornalisti: Fallaci, Severgnini, Remondino…  

E’ iniziato poi il periodo dei romanzi rosa…. Dal Diavolo veste Prada a quasi tutti quelli di Swan Karen. Ma ne avrò letti a centinaia. Tornavo dal lavoro alle 23 ed era l’unico modo per staccare col mondo esterno. Ammetto anche di aver letto tutta la saga di Twilight, 50 sfumature di Grigio e diversi su quest’onda.

Proprio ieri invece ho iniziato a leggere La ragazza del treno.

In fatto di letture non sono snob e non ho un autore preferito, sono un’insalata mista. La scelta la faccio in base al periodo della mia vita e al mio essere più o meno impegnata durante il giorno, perché io leggo, solo, e specifico solo, la sera prima di dormire, per quanto riguarda i libri, i giornali li leggo invece la mattina.

Una tappa fondamentale nella lettura c’è stata nel 2012 quando mi hanno regalato l’ebook. Per me una delle invenzioni migliori degli ultimi anni. E’ vero, mi piaceva girare per le librerie e un po’ mi manca, ma con un clik, anche a tarda notte, puoi acquistare il libro che ti va di leggere, questa comodità non ha prezzo.

Non ho altro da aggiungere!

Se invece voi lettori volete aggiungere visioni diverse di questa amica, bè andate dai miei amati colleghi: Avvo e Ysi

Kavvingrinus – Ili6

Scrive con grande delicatezza Marirò. Il suo blog è garbato e signorile, come la figura umana che intravvediamo nei suoi racconti immaginari o di vita che ci riserva. Nel suo caso, il “Kavvingrinus” è quanto mai particolare. Marirò infatti non ci ha raccontato le sue letture, ma ha fatto qualcosa di diverso. Ci immerge nel suo mondo, nel suo ricordo, nel cuore stesso del suo amore per la lettura, raccontandoci la storia di una bambina e di suo nonno, facendoci quasi sentire la voce dell’uomo e la risposta interiore della bambina. Quasi come se in quel “C’era una volta” ci fossimo tutti noi. Come se iniziassimo a leggere con lei, la storia della sua lettura.

La creazione fotografica che ho scelto per lei è più aniconica delle altre. E’ solo un soffio di luce, come noi fossimo all’interno del luogo preziosissimo del ricordo e, qualcuno d’incanto, ne iniziasse a sollevare la parte superiore, lasciando entrare la luce. Perchè la sensazione è questa: essere stati introdotti in un ricchissimo mondo interiore. Per questo, per questa emozione, grazie Marirò.

Ecco perciò la sua narrazione. A tutti voi l’invito come al solito a leggere i commenti degli esimi colleghi Avvocatolo e Ysingrinus.

 

C’era una volta una bambina che quasi ogni pomeriggio andava a trovare i nonni in un paese vicino. La loro casa era molto bella, con un grande giardino dove c’era sempre qualcosa da scoprire e nuovi giochi da inventare tra i vialetti alberati. Era piacevole stare con la nonna e con la zia in quel posto da favola. Il nonno lo incontrava poco, lui nei pomeriggi lavorava in cartolibreria, e un giorno la bimba fu accompagnata proprio in quel negozio del nonno perché le donne dovevano andare in giro. La bambina fu contrariata per la novità: non poteva sapere che quel pomeriggio sarebbero nati nuovi affetti, nuovi amici, nuove sensazioni, nuove abitudini che sarebbero durate per sempre e che avrebbero indirizzato la sua la vita.

Il negozio del nonno si rivelò anche meglio del giardino: c’erano matite di tutti i colori, giornali, pupazzetti, libri di tutti i tipi, scatole da aprire, album da colorare,…c’era odore di carta, di inchiostro, di tabacco.

Il nonno le permise di curiosare un po’; lei apriva pacchi, pasticciava fogli, sfogliava giornali, spostava gomme e temperini, metteva giù i pupazzetti. Quante cose non conosceva! Chiedeva, provava, annusava, toccava e il nonno, che di bimbi se ne intendeva perché trascorreva le mattine a scuola, rispondeva, spiegava, dimostrava e sorrideva, vedendo gli occhi meravigliati di quella bimbetta di appena tre anni.

Poi, forse per paura che il negozio venisse messo a soqquadro o forse per volerle fare un regalo, il nonno la fece sedere su una piccola sedia dietro il bancone e le chiese di ascoltare. Prese un libro giallo con le scritte rosse e cominciò a leggere…

“C’era una volta un piccolo, brutto anatroccolo…”

La voce del nonno catturò subito la sua attenzione: era sottile, un po’ rauca e mai uguale. A volte si alzava, poi diventava un sussurro, proseguiva pacata, poi veloce, cambiava tono, cantava. Era musica. Ed era tutta per lei.

La bimba guardò il nonno, quel nonno così poco conosciuto sino a quel momento, e lo vide sereno, elegante con quel gilet grigio e la camicia azzurra. Osservò il suo viso magro e leggermente rugoso; le labbra si distendevano, sorridevano, le sopracciglia a volte si aggrottavano. Guardò le sue mani sottili che si muovevano, che indicavano, che accarezzavano la carta e sfogliavano con delicatezza le pagine. Fissò i suoi occhi chiari che seguivano il rigo e che a volte la guardavano.

Pian piano la bimba si concentrò sulle parole, sulle frasi, sulla voce del nonno che leggeva per lei e quelle parole presero forma, danzarono davanti a lei e composero un quadro ricco di forme, colori, personaggi, sentimenti. E lei vide quell’anatroccolo nero, i suoi fratelli, sentì la preoccupazione di mamma anatra, perché lei in quel momento era con loro, in quello stagno…

Non ricorda quanto durò quel primo ascolto, il tempo si dilatò, si azzerò e non fu più percepibile. Su tutto dominava il suono morbido della voce del nonno che leggeva per lei.

Fu un momento magico che si ripetè tantissime altre volte. La bimba preferì, infatti, sempre più il negozio del nonno al giardino delle meraviglie e lui l’accoglieva con gioia: quei momenti piacevano ad entrambi, davano serenità, regalavano affetto, unione, stupore a tutti e due.

A volte il nonno doveva interrompere la lettura perché in negozio entrava qualche cliente e lei si infastidiva, si ingelosiva perché quei momenti erano loro, solo per loro: lei, lui, la sua voce, il libro, la storia, il sogno.

Oggi quella bimba è cresciuta, legge per se stessa e molto spesso legge ad alta voce per i bimbi che l’attendono in aula. Non si sorprende nel vedere sul viso dei bambini lo stupore e la meraviglia mentre ascoltano la sua voce che legge e nemmeno del fastidio che genera il suono della campanella: sono momenti che non amano essere interrotti. Sono l’origine di qualcosa che sta nascendo e che si potrà fortificare nel tempo. Lei questo lo sa bene.

Grazie nonno Pino, la tua voce, che mi ha resa felice lettrice, è sempre in me.

  

 

Kavvingrinus – Ali di Velluto

 

Ali di Velluto è un personaggio misterioso, apparentemente un player del sesso, ma in trasparenza qualcosa di molto più raffinato e seducente. Un’anima femminile direi, nonostante la sua dichiarata mascolinità, sia per la ricercatezza dell’erotismo che descrive, sia per la modalità con la quale lo descrive.

Le sue letture, che me lo rendono per altro molto vicino, ci restituiscono un immagine originale della sua personalità, nella quale prendono forma e significato i sensi interiori di questo personaggio che è probabilmente più una proiezione di una esistente, che la manifestazione di un essente.

La fotografia che ho creato per lui è qualcosa di solo apparentemente riconoscibile, ma che nella sua sostanza sfugge a ciò che viene interpretato, come questo personaggio continuamente sfuggente ad una qualsiasi forma di riconoscibilità. Colgo l’occasione di questo kavvingrinus, per altro, per ringraziarlo, perché nonostante io non apprezzi molto il genere erotico (tranne quando non diventi esercizio di emozioni e sentimenti come avviene per alcune mie carissime amiche), pure la sua modalità di entrare in contatto ed in relazione con i suoi follower, me lo rende estremamente simpatico e me lo fa seguire con piacere. La sua carrellata di letture, inoltre, merita da parte mia un grandissimo apprezzamento, perchè, come dicevo, ne condividiamo buona parte. Sarà che Ali sia della stessa sostanza di Kalosf?

E adesso se volete, andate a vedere cosa hanno scritto i miei meravigliosi colleghi: Ysingrinus e Avvocatolo

 

Gli amori letterari 

Ho sempre avuto grandi amori, amori travolgenti e totalizzanti.Amori con cui ho trascorso le mie notti insonni, i miei intervalli. Amori per cui cercavo di finire in fretta e male i compiti, o i lavori per i clienti, per tornare da loro.Amori che ho quasi sempre tradito.

Parlare dei miei amori è bello, li ricordo tutti, migliaia di pagine lette e rilette che mi sono rimaste dentro.Di tutti i miei amori alcuni furono più struggenti e di questi conservo un ricordo speciale.

Il primo amore, quello che dicono non si scordi mai fu per Jules Verne, o Giulio Verne come c’era scritto sulle mie copertine di allora.Ero piccolo, mi immaginavo mondi fantastici e misteriosi. Per me erano libri difficili, da grande e li amavo. Andavo e venivo tra la mia camera da letto e la cucina, per chiedere a mio nonno le parole che non capivo. “Cos’è un pappafico? e un boccaporto? e un narvalo?”. Con lui sono sceso nelle viscere della terra alla ricerca di Arne Saknussemm, ho volato sino alla luna, ho solcato i mari con il capitano Nemo su quel sottomarino che oggi farebbe tanto steampunk, ho viaggiato con Robur sul suo vascello volante e soprattutto ho sognato. Con i lego ricostruivo quelle “macchine” straordinarie e quegli aglomerati informi di mattoncini multicolori per me erano navi, auto e navicelle volanti.

Tradii anche lui, anche se era il primo vero grande amore letterario della mia vita, ma furono cose di poco conto, con qualche Topolino o fumetto di varia natura.

Poi vennero gli Urania, perchè un solo autore non mi bastava più. E le raccolte e i momanzi brevi di Brown. E li conobbi il mio secondo amore.

Isaac Asimov mi fece innamorare dei suoi robot, Gregory Powell e Mike Donovan e Susan Calvin, e quelle dannate tre leggi a cui non si poteva trasgredire. E, assieme al mio amore per la storia, quella vera, quella degli uomini, di re e popoli, che in quegli anni iniziava a nascere, mi immergevo nel suo medioevo del futuro. Fatto di grandi imperi galattici crollavano e di Hari Seldon che cercava disperatamente di salvarli con la sua psicostoria. Tutti i suoi cicli si fusero, uomini, robot e grandi imperi in rinascita.

Quelli erano anni strani, anni in cui l’ormone iniziava a battere alle porte, in cui giocavi a fare l’adolescente. In cui tradivi con Hermann Hesse, con Narciso e Boccadoro o con Siddharta. O con Anaïs Nin, perchè Il delta di venere, assieme a Bliz e a qualche copia di Le Ore che trovavi in una casetta degli attrezzi in campagna, era il massimo della perversione. Anni in cui leggevi di tutto, anche il Mein kampf e Il capitale perchè a scuola studiavi e volevi capire.

Quando il liceo finì e il latino, che avevo deciso che non mi piaceva da quella prima lezione “rosă, rosae, rosae, rosam, rosă, rosā”, non fu più un’imposizione decisi di leggere i classici. Perchè non ho mai amato le cose imposte. E ripresi il dizionario e i libri per leggerli in latino, o tradotti in latino dal greco dandomi del coglione. E lessi di viaggi e di mostri fantastici, di battaglie sotto mura imponenti, e di grandi eroi. Lessi l’Iliade e l’Odissea. Lessi le grandi imprese di Cesare e i versi di Catullo. Le tragedie e le commedie e le immaginavo interpretate in grandi teatri ricoperti di marmi. Non fu amore vero, più una fissazione, come per quella ragazza, che tutti dicono essere la più figa della scuola e quindi ti senti in dovere di corteggiarla anche tu. E alla fine ci stai anche bene con lei, ma qualcosa ti manca.

Poi venne il mondo fantastico di Tolkien, e fu di nuovo amore. Lessi tutto di lui, della terra di Arda agli anni burrascosi delle terza era. Sognavo Glorfindel e sterminati saloni di pietra nelle viscere delle montagne. Scrivevo canzoni cercando di imitarne lo stile e riempivo quaderni di rune.C’era tutto nella sua opera, amori struggenti, imprese leggendarie, letterature epica in chiave fantasy. E ancora oggi a volte vado a letto con il tomo del Signore degli anelli, perchè i grandi amori li si desidera sempre ancora un po’. E quando al cinema rividi quello che mi ero immaginato tante volte rimasi meravigliato, a volte un po’ contrariato, ma la cavalcata dei Rohirrim sotto le mura di Minas Tirith mi fece venire i brividi e quando Aragorn mi intimò: “Mirate gli Argonath, le Colonne dei Re!”, piansi commosso.

 

Oramai ero più grande, e cercavo qualcosa di un po’ diverso. Flirtai un po’ con Frank Herbert e il suo mondo sabbioso di Dune e con le Dragonlance, ma non nacque mai qualcosa di serio. Finchè non arrivò Philip José Farmer. Li ritrovai l’amore, l’amore per la fantascienza e per la storia. Tutto di fondeva, si mischiava in un racconto e con un modo di scrivere che trovo fantastici. Forse fu l’ultimo grande amore delle mia vita, fino ad oggi.

Provai con Murakami, lessi molto, ma non lo amai veramente. Fu più in infatuazione dovuta al mio interesse per il Giappone.

Tra le tante amanti che ebbi però alcune le voglio ricordare per ciò che mi lasciarono. Autori di cui magari lessi un libro solo, non so neanche perchè ma che ricordo con piacere. E li voglio citare in ordine sparso, come mi ritornano in mente, perchè delle amanti, a volte, ricordi dei momenti, ma non quando avvennero. Sostiene Pereira, di Antonio Tabucchi, con il suo discorso indiretto che mi faceva impazzire. Il più grande uomo scimmia del Pleistocene di Roy Lewis che mi fece ridere. Neuromancer, Giù nel ciberspazio e Monna Lisa Cyberpunk di William Gibson che forse mi fecero amare la rete, o forse amai i romanzi perchè la rete la amavo già, non ricordo. Il cacciatore di androidi e La svastica sul sole di Philip K. Dick furono anche fantastici. La versione di Barney di Mordecai Richler fu una sveltina assolutamente appagante. La variante di Lüneburg di Paolo Maurensig è forse l’ultimo che mi viene in mante, ma che voglio comunque citare.

Ali


  

Un anno di noi: Alessia e Kalosf

Dire che Alessia sprizzi di vitalità è quanto meno dir poco. Il suo blog che si presenta come esperienza corale, porta decisamente la sua impronta. Vario, diverso al suo interno, una rappresentazione al vivo di come proceda la vita e di quanto sia piena questa vita dalle parti di Alessia (e di coloro che compongono la sua storia familiare). Leggerla è sempre un’esperienza originale. Non sai mai dove potresti trovarti, ma ti resta intorno come un senso di gioia, di entusiasmo. Come in queste righe con le quali racconta una foto di kalosf complessa ed a suo modo mistica. Leggerla è piacevole. Conoscerla anche di più! Ciao Alessia e grazie. Grazie di aver voluto far parte del compleblog e di questo spazio! 

 

Guardare il mondo da sotto a sopra con la pancia che fa le capriole……oppure girarsi a testa in giù.

Il buio, il vuoto, il silenzio, poi…

…una luce che squarcia le tenebre.

Immagini: ognuno crea le proprie.

Scovare cose che non credevamo di sapere vedere.

La danza della luce e del buio che si incontrano,

donando il frutto bellissimo dello splendore che si affaccia dal balcone della speranza.

Riflessi di noi negli occhi di chi abbiamo davanti per iniziare un girotondo di anime.

Kavvingrinus – Intempestivo viandante 

Il suo è un blog “letterario” nel senso più profondo del termine. Incrocia recensioni, letteratura, poesia, teatro ed esperienze sue personali di scrittura con inconsueti sprazzi di umanità vissuta. Intempestivo, che è una donna in realtà, si diverte seriamente. Lo fa con stile, avendo coscienza di saperlo fare e proprio per questo lo fa con estrema umiltà. Il suo è uno spazio accogliente, nel quale i giudizi sulle opere che intercetta sono motivati e ben mostrati. I suoi scritti, ciò che ella ha creato è davvero degno di nota. Qui le sue letture (come Kavvingrinus comanda)

Le mie letture di bambina che ricordo con più piacere sono di due categorie: una era quella che oggi si definirebbe “chick-lit” e che all’epoca per fortuna non aveva etichette, anche se effettivamente si trattava di libri che leggevano di solito le ragazze: Piccole Donne per intenderci, o Pollyanna, o Pippi Calzelunghe. Tutti libri che ho amato tantissimo e forse, a ripensarci, per motivi non così diversi, perché nonostante le apparenze, erano tutte storie per lettrici, forse, ma storie di ragazze comunque non convenzionali. Jo March era un vero maschiaccio e una scrittrice, decisa a scegliersi un marito per conto suo (vero che all’epoca l’aver rifiutato Laurie non glielo avevo perdonato facilmente, ma più tardi ho capito…), solo dopo aver raggiunto l’indipendenza economica. Pollyanna, pur essendo una bambina molto “bambina”, aveva quella bella caratteristica, che è stata molto ridicolizzata se non vista come una patologia (la “sindrome di Pollyanna”, ossia il vedere la realtà in modo esageratamente positivo, peccando di eccessivo ottimismo). In realtà, il gioco della felicità è stato per me, all’epoca, un grandissimo aiuto per affrontare situazioni difficili. Per come la vedo io, non si trattava di vedere tutto rosa, ma di non perdere di vista gli aspetti positivi che possono esserci anche nei momenti più duri: questo permette di affrontare le difficoltà con il sorriso o se non altro con più forza e un atteggiamento più positivo, che non mi sembra poco. E poi c’è Pippi, la mia Pippi, la ragazzina più coraggiosa, forte, allegra e libera del mondo, quella che viveva da sola con un cavallo e una scimmia a Villa Villacolle, con un padre “re dei negri” (che un giorno qualcuno si è inventato anche una accusa di razzismo contro Astrid Lindgren, ma via… nessuno avrebbe potuto leggere Pippi e diventare razzista, secondo me), sempre in viaggio, che ogni tanto la veniva a prendere, la portava in qualche avventura, le lasciava un po’ di monete d’oro e via, ripartiva.

La seconda categoria di libri per “giovani adulti”, come si dice adesso, era ancora più avventurosa, e decisamente più unisex. Mi vengono subito in mente Tom Sawyer e Huckleberry Finn (ah, quanto meno ricca sarebbe stata la mia infanzia, senza Tom e Huck! E anche Un Americano alla Corte di Re Artù e i Racconti sul Fiume, la quintessenza dell’ironia), ma anche L’isola del Tesoro, Robin Hood, I Tre Moschettieri, Il Richiamo della Foresta (quanto amore, per quel libro!), Peter Pan (adorato), Alice nel Paese delle Meraviglie (che però ho apprezzato di più “da grande”, in versione integrale e in inglese), Pinocchio, Gian Burrasca, e poi vabbè, tutto Salgari e un altro degli amori letterari della mia vita, Cosimo Piovasco di Rondò, il Barone Rampante, che mi ha iniziato a un idillio con Calvino che dura ancora oggi. E non parliamo poi del grandissimo Rodari, di Giovannino Perdigiorno, del Professor Grammaticus e del filobus numero 75, che “in partenza da Monteverde Vecchio per Piazza Fiume, invece di scendere verso Trastevere, prese per il Gianicolo, svoltò giù per l’Aurelia Antica e dopo pochi minuti correva tra i prati fuori Roma come una lepre in vacanza.”. E la Collina dei conigli di Adams, anche, la splendida odissea di un gruppetto di conigli che sfuggono a una morte terribile, guidati da un giovane sognatore un po’ profeta e dal suo fratello più saggio, tra pericoli, amori, insolite amicizie e bellissime storie “mitologiche” raccontate dal narratore del gruppo per dare forza ai compagni e dimenticare la paura del buio e dei nemici…

Insomma, ragazzini scapestrati, pirati, ladri gentiluomini, filobus imbizzarriti, conigli profughi, nobili che trascorrevano la vita sugli alberi, partecipando alla vita del mondo, dentro e fuori allo stesso tempo, un po’ come gli scrittori e gli artisti, tutti accomunati da una cosa che mi porto dietro e per cui non li ringrazierò mai abbastanza: la ricerca della libertà, libertà della mente, del pensiero e della fantasia prima di tutto, perché senza quella non si va oltre.

Venendo a tempi più recenti, qui posso anche essere più breve, perché si sa che sono le cose dell’infanzia e della prima giovinezza quelle che restano incise nel cuore per tutta la vita ☺

Mi sono presa a un certo punto una sbandata per un giallista americano a sua volta innamorato dei gialli all’inglese: John Dickson Carr (che scriveva anche sotto lo pseudonimo di Carter Dickson), uno che disseminava i suoi libri di indizi falsi e veri, uno dei pochissimi che riuscivano davvero a sorprendermi quasi sempre con la soluzione, e un genio dei “delitti della camera chiusa”, non so quanti metodi ingegnosi abbia elucubrato per consentire ai “suoi” assassini di uccidere e poi allontanarsi indisturbati da un luogo perfettamente sigillato, camminare sulla neve senza lasciare tracce, ecc.

Poi abbiamo Shakespeare, naturalmente. Chiunque fosse si è piazzato nel cuore e nella testa di ciascuno di noi e lì è rimasto e c’è ancora, e ci legge come un libro aperto.

Il mio amatissimo Oscar (Wilde), genio e sregolatezza, eccentrico e sensibile, provocatorio e appassionato, dotato di un’eleganza, una ricchezza di stile tali da fare della sua lingua un continuo fuoco d’artificio, una scrittura di bellezza quasi ineguagliabile secondo me.

Poi c’è la Yourcenar, con le sue Memorie di Adriano, di cui ho parlato nel blog, che tratta tutti i temi che hanno a che fare con l’umano, e con tale profondità di pensiero da lasciare senza fiato.

E ancora libri per ragazzi, vecchia passione mai estinta. La Storia Infinita e tutta la saga di Harry Potter sono tra i libri più belli che abbia letto. Le Tredici Vite e Mezzo del Capitano Orso Blu… beh, credo di non aver mai riso tanto su un libro in vita mia, in autobus, da sola, in mezzo alla gente, ovunque e comunque… di un tedesco, poi, chi l’avrebbe immaginato… 😀

Aggiungo, tra i miei preferiti, Amado, Chatwin e Sepulveda. Confesso che ho vissuto di Neruda è una delle cose più straordinarie che possa capitarvi di leggere. Concludo con un romanzo contemporaneo, La vera storia del pirata Long John Silver di Biörn Larsson è strepitosa, una vera gemma, l’ho amata dalla prima parola all’ultima.

 

La fotografia che Intempestivo mi ha suggerito è una fotografia tecnica, volutamente materica e sgranata. La sua carrellata di libri mostra infatti un percorso non concluso, nel quale moltissimo è dettato dall’istinto, dal sentimento. Non è un caso infatti che ella parli di “sbandata” quasi di innamoramento in riferimento ad un autore. La fotografia diviene invece molto più netta verso il punto centrale, che in realtà non è il futuro, ma il passato delle letture di Intempestivo, quello che ha gettato realmente le fondamenta del gusto e del suo stile di lettrice, quello che è in altre parole il suo “punto orginale” di avvio. Lì diviene tutto più definito, come la sua narrazione che nel passato è maggiormente dettagliata (quasi la vediamo leggere). Verso l’alto invece rimane come la luce. Il futuro delle letture di Intempestivo ci è sconosciuto, poichè è un divenire troppo libero dal gusto razionale. Grazie a lei per aver condiviso le sue letture. E adesso, come al solito, andate a vedere su Ysingrinus ed Avvocatolo!

Kavvingrinus-Fulvialuna

Fulvia è una figura eclettica. Il suo blog ne è intensa testimonianza. Poliedrica nei suoi interessi e nelle sue letture ha aderito al nostro gioco immediatamente e quello che segue è il suo intervento.

Nel grembo di mia madre già leggevo, perchè lei leggeva i romanzi di Liala, molto di moda nel dopoguerra. Il giorno del parto nella sua valigia da gestante ne mise due. Mio padre mi ha sempre comprato libri dedicati ai bambini, poi da ragazza, ne ho tanti e li conservo gelosamente. Mio nonno mi ha sempre regalato libri di autori importanti. Ma mi sono state lette anche tante fiabe prima del sonno, nei lunghi pomeriggi invernali quando la tele era solo un’illusione. Un mattino d’autunno mia madre mi stava accompagnando a scuola, facevo la quinta elementare, passando davanti l’edicola viene attratta dalla copertina di un libro , collana economica: Cent’anni di solitudine di Marquez, da li non si è fermata più e io dietro a lei.

Nella mia libreria trovi Anaïs Nin, Corrado Alvaro, Castellaneta, Dacia Maraini, Wiesel, Freud, Coelho, Uhlman, Steinbeck,, Kafka, Blixen, Sepulveda e Luce d’Eramo. Trovi la Fallaci, Proust, Isabel Allende… Ma trovi anche la storia dell’antico Egitto, le biografie di uomini potenti di tutto il mondo, libri che parlano di mafia, di moda, il libro delle cartoline erotiche di epoche passate, i miti, le leggende e centinaia di ritagli ricavati da giornali, da libri ripescati e rovinati.. Ci trovi i scrittori “giovani”: Ferrari Di Celle, Marcacci (che adoro), Massimo della Penna….E ci trovi i due libri che non smetterò mai di leggere, Le braci di Sándor Márai e le Confessioni di Sant’Agostino.

Lo so ho scritto tanto, ma una cosa la voglio dire, tutti i libri che conservo hanno graffiato la mia anima lasciando una cicatrice forte. Questo è il libro per me: un’incisione per sempre, e non vedo l’ora di poter realizzare una libreria grandissima dove poter riporre tutti i libri che per il momento sono costretta a prendere in biblioteca e a malincuore riconsegnare

La fotografia che mi hanno ispirato le sue righe, richiama un ventre, ma anche la fine di tutto, l’utero del Cielo, perché la lettura di Fulvia è potente, intensa ed attraversa tutta la sua vita. Per questo ho scelto il blu che giunge all’azzurro e viene attraversato dall’oro in modo concentrico. Sono colori collegati alla spiritualità, ma anche alla stabilità, al permanere in un movimento spiralico verso ciò che davvero conta. A questo scatto (so che è impossibile crederlo ma è davvero una foto alla sua origine), sono particolarmente legato perché rappresenta per me qualcosa di profondamente intimo, come la figura di Fulvia, un amica che nel tempo è diventata carissima. A lei perciò il mio grazie. Di cuore.

(E adesso… Andate a leggere la versione di kavvingrinus ospitata da ysingrinus e avvocatolo)