Il percorso che vi propongo questo mese torna un pó alle origini di kalosf, alla sua passione per la luce. Le fotografie che vi offrirò, di natura diversa, hanno come conduttore dei titoli il tema che più ha ispirato questi anni di presenza su wordpress. Non sempre la luce sarà evidente fotograficamente, a volte sarà presente solo come suggestione, ma lo sguardo attento di voi che seguite con pazienza le spirali emozionali di kalosf, saprà certamente riconoscerla. La luce è uno stato, è un certo modo di esserci attraverso lo spazio. È sostanza nascosta delle cose e loro rivelazione. In fondo il buio esiste solo come sottrazione di luce. Ed è per questo che non esiste piega della nostra esistenza che non sia illuminata, per eccesso o per difetto. In questo mese racconterò attraverso la luce, una storia. La affido a chi la saprà cogliere. Un abbraccio a tutti.
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Il Regno delle Dodici Porte (6)
Fu in quei giorni che il popolo decise che non si sarebbe mai più affidato a nessuno, se non a chi avesse risposto alla profezia. E solo un Segno dello Splendore avrebbe potuto ratificare quella presenza.
La dodicesima porta intanto rimaneva aperta, ma nessuno ormai la oltrepassava più. Le invasioni si erano fermate. Il deserto era sempre più arido e la Sorgente sola scorreva garantendo vita. Poi una notte vi fu un segno misterioso. Lo Splendore brillò e si mostrò ai cittadini. Era una notte densa, come un fluido che si taglia con il coltello. Nel momento in cui lo Splendore si mostrò, i cittadini videro come un bosco intorno alla città, il bosco era buio come la notte e vedevano muoversi in esso uomini ed ombre. Ogni tanto una luce veloce come un piccolissimo fuoco spezzava quelle tenebre. Ma era un senso di gelo che riempiva ogni cosa. Come se tutto fosse molto veloce. Le figure si trasformavano, i volti si tendevano. Eppure i cittadini percepivano bisogni non detti e non riflessi. Solitudini infinite che si manifestavano come ombre alle spalle di ciascuno. Poi in quel luogo giunse una fiamma. Come un fuoco momentaneo. Tutti la videro. Era l’ombra di un fuoco più che un fuoco in se stesso. E andava da un luogo all’altro come cercando. Poi la fiamma si spense nei meandri del bosco. E giunse un’altra luce, questa volta come di lucerniere. Anch’essa brillava. La sua luce durò meno. Poi si spense. E fu silenzio.
Il bosco svanì nel nulla e lo Splendore si ritirò nel Santuario. I cittadini guardarono e mentre albeggiava, fuori dalla città era solo il deserto. Non era rimasto nessun albero, nessun bosco, solo le sabbie. Ed in lontananza in un punto lontanissimo tra le dune un puntolino che avanzava quasi trascinandosi verso la città. Nessuno sapeva chi fosse quell’uomo, nessuno ne conosceva il passato ed il presente. Man mano che si avvicinava videro il fuoco brillare tra i suoi capelli e l’azzurro splendere nei suoi occhi. Il Pellegrino stava per giungere alla città… Ma la sua storia verrà raccontata un’altra volta, in altri canti…
Il Regno delle Dodici Porte (5)
Dopo quegli eventi seguirono vent’anni di invasioni. Popoli sconosciuti invasero più volte il Regno mentre la Porta Dodicesima restava sempre aperta. In alcuni casi furono i cittadini stessi a richiedere l’aiuto di popoli stranieri. Ma ogni qual volta una nuova razza oltrepassava la Dodicesima Porta si instaurava un regno ed un tempo di dolore e di orrore. Passaggi veloci, razzie, violenze, tutto senza che dal Santuario provenisse alcun segno. Ed i tempi del dolore si prolungavano. La città impoveriva, e mentre accadeva si cristallizzava. Una malattia misteriosa ne aveva invaso le mura e le porte. Come una patina di ghiaccio che iniziava a ricoprire ogni cosa. La città brillava al sole ma non per lo splendore delle sue mura, quanto per il gelo del ghiaccio.
Fu allora che giunse l’Esule.
La sua venuta fu salutata come quella di un possibile salvatore. Negli 8 anni della sua presenza il male della città si bloccò ma l’Esule non era fatto per restare. I cittadini sapevano che non sarebbe rimasto, ne avvertivano l’instabilità. Ed egli non comprendeva il senso del Santuario al centro della Città. Non comprendeva il mistero di quella Luce contenuta in esso. La dodicesima porta intanto continuava a restare aperta e fu nel secondo mese della sua presenza che avvenne la tempesta di sabbia. La più lacerante che mai fosse avvenuta. Il vento cominciò a soffiare con violenza ed iniziò ad alzare le sabbie del deserto. La città fu invasa dalle sabbie, molti cittadini morirono soffocati perché non c’era rifugio alla finissima sabbia bianca del deserto. Si salvarono in pochi ed il gelo intorno alle mura si sciolse. Poi anche l’Esule, come era arrivato, andò via.
Il Regno delle Dodici Porte (4)
Mentre il Padre era ancora nella città, giunse il primo custode. Poco si narra di lui. Si dice venisse dall’Occidente estremo. Ma il suo nome ed il suo operato sono ormai persi nell’oblio.
Poi il Padre finì la sua opera e venne chiamato in un altro Regno.
La città visse qualche anno di pace, fin quando 200 anni dopo, non giunse il secondo custode. La sua venuta è avvolta nella leggenda. Si racconta che egli abbia raggiunto la città in una notte invernale. In un dicembre freddo e gelato. Il suo arrivo non fu accompagnato da squilli di tromba. Entrò nella città nella notte. Silenziosamente. Il giorno dopo i cittadini lo trovarono seduto sulle scale del santuario. Il suo sguardo era limpido, ma il suo cuore in lotta. Tutti compresero che quell’uomo sarebbe stato una promessa ed una condanna per il Regno, ma nonostante ciò tutti percepivano l’importanza di quella presenza. Alle sue spalle vi era sempre come un ombra, come un fantasma fatto di polvere, che in alcuni giorni era più denso, in altri sembrava svanire. Non parlava molto, ma si curava del Regno con sollecitudine. Chi giungeva anche da lontano trovava accoglienza, ma andava via con un senso di freddo dentro il cuore. Il secondo custode resse il Regno per 70 anni. Poi in un giorno di gennaio, come era arrivato, disparve. Lacerò tutte le bandiere, distrusse le opere che aveva compiuto e svanì. Si racconta che avrebbe addirittura cercato di violare le porte del Santuario dello Splendore. Ma nessuno sa se questa vicenda sia vera o una pura invenzione. Di certo è che al suo svanire, di colpo, svanì anche il lago sul quale la città era costruita. Ed al suo posto, in una sola notte, si formò il deserto. Fu allora, in quegli anni terribili di arsura, che il popolo vide di nuovo il globo di luce. Esso valicò le porte del Santuario dello Splendore e si manifestò al popolo. Il suo apparire era come un gorgogliare. Apparve di notte ed i cittadini videro una luce provenire dal Santuario. Esso si fermò sopra la cuspide ed iniziò a scendere verso il basso, poggiandosi sul suolo. Fu allora che per la prima volta sentirono il rumore della Sorgente e videro dalla base del Santuario sgorgare un ruscello di acque limpidissime e fredde. Esse presero a scorrere lungo la città e ne raggiunsero il perimetro irrigando il deserto interno.
Il Regno delle Dodici Porte (3)
Durante i 90 anni della presenza del Padre, lo Splendore venne ad abitare nel recinto del Regno. Ciò avvenne dopo un tempo di tumulti. Nonostante la presenza del Padre, infatti, i cittadini si scontrarono e divisi in opposte fazioni (i pescatori, i contadini ed i signori) iniziarono a darsi guerra all’interno delle mura della città. Furono combattimenti sanguinosi ai quali il Padre assistette chiuso nel suo silenzio. Il dolore per la lacerazione della città che gli era stata affidata, lo colmava di lacrime, ma il suo mandato non gli permetteva di intervenire.
Poi fu la tragedia. In un giorno di settembre avvenne l’attacco finale. Gli uni contro gli altri, armati delle fiamme si scontrarono nel centro del Regno. E la città, come reagendo a tanto odio, implose. Rimasero in piedi solo le mura.
Il Padre uscì fuori dalle macerie ed il suo abito non ne era impolverato. Guardò ciò che restava della città e dei suoi abitanti e così parlò
“Verrà il tempo in cui un sigillo di fiamma e cielo verrà posto sul tuo stipite.
E lo porterai sul braccio e sul cuore,
perché il sigillo d’oro e acqua marina ti renderà sicuro tra i regni del mondo.
E non temerai più invasioni e lotte,
perché il tuo santuario, quando la porta riceverà l’ultimo sigillo,
sarà innalzato più in alto di ogni santuario e vivrai nella pace”
Fu in quel momento che dal cielo venne un rombo come di tuono e gli abitanti superstiti sentirono un Vento fortissimo soffiare ed invadere la città fin dalle sue fondamenta. Le 11 porte si aprirono tutte insieme, mentre la polvere delle macerie veniva soffiata via con potenza. Poi fu bonaccia. E fu allora che videro ciò che nessuno aveva mai visto: dall’est, lentamente, un globo infuocato si avvicinò alla città. Ne sentivano il calore divorante, come di un fuoco che arde ma non consuma. Potevano vedere le fiamme brillare ed ardere, ma non se ne percepiva l’origine. Il globo si fermò al centro della città, nella immensa piazza dalla quale a raggiera partivano tutte le vie.
Nessuno respirava. Solo il Padre si avvicinò e stese la mano. Dall’alto il globo iniziò a scendere. Lentamente. E mentre scendeva iniziò a brillare meno, fin quando non restò come una luce densa sopra la mano del Padre. Il volto dell’uomo brillava e solo allora i cittadini si accorsero di come egli fosse un inviato dallo Splendere e tutti dinanzi a lui ed al fuoco che sostava sulla sua mano, si inginocchiarono.
“Sia Pace” egli disse. E come in un istante i cuori si sedarono. “Questo è il luogo che lo Splendere, nello Splendore, ha scelto. Qui sarà edificato il Santuario della Profezia. Da oggi in poi Egli abiterà sempre con voi. Ogni giorno, sino alla fine del migrare dei secoli”.
Fu così che dalle macerie della città, con i resti di ciò che era stata, venne edificato il Santuario dello Splendore, come una cuspide verso il cielo. Al suo interno una sola stanza nella quale il globo di luce si lasciò racchiudere, perché il Santuario venne costruito attorno al globo, mentre il globo continuava a sostare nella città.
Il Regno delle Dodici Porte (2)
Inizialmente il Regno era un luogo disabitato, ma la vicinanza con il Lago della Luce e quei margini luminosi, iniziarono ad attrarre abitanti. Poche famiglie si stabilirono nel perimetro e lentamente iniziarono a costruire delle mura. Che si ricordi, nonostante i confini splendessero, le mura originarie erano molto più piccole e fragili di quelle che successivamente circondarono il Regno. Allora non era stata ancora donata la profezia alla Città, né coloro che vi abitavano sapevano dei custodi che si sarebbero succeduti e del Pellegrino che infine sarebbe giunto. I tempi dei quali le cronache narrano sono tempi lontanissimi e la leggenda si confonde con la storia e questa con il mito.
18 lunghi secoli passarono dalla fondazione del Regno, quando finalmente si iniziò la costruzione delle mura perimetrali e la loro istituzione si deve a colui che viene chiamato il Padre. Egli con un lavoro durato 90 anni edificò le mura e le fece massicce, chiudendole con 12 porte preziose. Per ogni porta piantò un diverso fiore che ne custodisse l’ingresso e l’uscita. Una sola non chiuse, quella che si sarebbe chiusa a suo tempo con il Fiore della Vita e della Morte.
Il Regno delle Dodici Porte (1)
All’inizio, quando il mondo non esisteva e solo il Silenzio governava sul nulla, la Luce rifulse ed era lo Splendente, lo Splesso e lo Splendore. In un solo momento, in uno sfolgorio abbagliante ogni cosa venne creata. E tutto risplendeva della Luce senza che questa potesse attutirsi.
Fu allora, in quel momento che il Regno delle Dodici Porte venne generato nella luce. Ma i tempi millenari dovevano passare prima che esso prendesse una forma. Ai tempi della sua fondazione lo Splesso era già venuto al mondo da quasi due millenni ed ancora si narravano le sue gesta e del suo incontro con Hertom sul colle più alto.
I concreatori del Regno furono, secondo le più antiche fonti affidate alla memoria degli uomini, Elco ed Alle. Essi erano giunti dopo un lungo camminare alle sponde del Lago della Luce. Erano passati 70 anni da quando avevano iniziato il cammino e nel momento in cui arrivarono sulle sponde del Lago, seppero che quello era il luogo dove edificare il Regno delle Dodici Porte. Allora essi non avevano coscienza di quello che esso sarebbe stato, non ne pensavano la storia. Le cronache più antiche raccontano che essi posero una pietra al centro del perimetro che disegnarono con l’Acqua del Lago di Luce. E finito il loro compito svanirono, così com’erano giunti.
Le assurde scelte di Kalosf. Reinvention 2015 (un controverso modo di vedere le cose)
Se Kalosf possiede una virtù è quella della libertà. La libertà da qualsiasi tentativo di definizione o di incasellamento. Essendo un personaggio virtuale, la peggiore delle schiavitù alla quale può andare incontro è quella del like. Il controllo continuo dei commenti, il controllo dei likes sulle sue creazioni, la ricerca spasmodica di aggiungere followers o di essere quel tantino piacione in modo da “piacere a tutti”, ecco queste sono le doti tipiche di chi fa del proprio spazio virtuale (blog o social generici) un momento di legittimo (ma per me piuttosto inutile) auto-compiacimento (una sorta di onanismo virtuale). Ecco, Kalosf ha una virtù. Di tutto questo, proprio, non gliene “sbatte niente”, perchè a lui i numeri non piacciono. A lui piace condividere.
La sua presenza sul blog non è finalizzata a ricevere i likes od i commenti, ma a sperimentare anche a costo di non piacere. I post ed i percorsi nascono dal tentativo continuo, costante, di immergersi nelle cose, nelle storie, nelle immagini, con tempi che gli sono propri (a volte anche lunghissimi, come ho avuto modo di scrivere ad un amico), sapendo che magari un tema non sarà molto gradito rispetto ad altri (il caso di Astrazioni o di Mysterium Fidei ne è un esempio lampante, reso visibile, tanto per capirci, dall’abbassamento dei likes, che sono andato a guardare proprio per capire se le mie idee filavano 😉
Il punto per Kalosf non sta infatti nel numero di likes, ma nelle emozioni (positive o negative) che qualcosa suscita. Spesso mi capita di scrivere a chi assiduamente commenta il blog, che se qualcosa non suscita nulla, va benissimo anche non commentare o commentare in negativo. In questo senso, ad esempio Mysterium Fidei, ha visto fioccare le critiche (soprattutto in certi scatti) e ciò mi ha fatto piacere. Le possibilità di crescere infatti non sono date a Kalosf semplicemente dai complimenti, ma anche dalle critiche, da un giudizio negativo che esprime al meglio, per altro, il vero interesse che la persona ha per te, per la tua opera, per la tua creazione. E’ chiaro che ricevere un complimento genera un piacere, ma anche una critica intelligente ha lo stesso valore (ed è per questo che Kalosf commenta pochissimo e solamente quando davvero vuole farlo, segnando in genere il suo passaggio attraverso il like).
Detto questo la cosa che più genera il mio interesse è che infine, chi segue Kalosf lo fa perchè davvero è interessato alle sperimentazioni, alla conoscenza di un mondo in espansione che è quello della ricerca, perfino parossistica, di una bellezza sensata, di un percorso umano verso la bellezza (comunque essa si ponga). Chi conosce Sandro (che è in genere colui che scrive), sa che è molto critico con Kalosf e con le sue prese di posizione fotografiche, ma dovendoci convivere ormai da quasi due anni, ho imparato che è necessario raggiungere un compromesso. Ed il compromesso sta in fondo in questo: lui continua a cercare la bellezza, con la libertà che gli è propria. A me quello di cercare di spiegarvi il suo contorto pensiero.
Il giardino del Re (un racconto per una persona amata)
Quando giunse in cime al colle era bellissima. Il suo vestito tessuto delle lacrime degli uomini risplendeva al sole. Il suo manto ricamato dal dolore delle donne, la avvolgeva nel suo buio. Era bellissima. lo era sempre stata. I suoi amanti non avevano età, poichè ogni uomo o donna o bambino o ragazzo, finiva tra le sue braccia quando ella bussava alle porte di una casa. Era la signora del mondo. Il suo dominio si estendeva per tutto l’universo e la temevano perfino negli angoli più sconosciuti della terra.
Quando ella decideva che i suoi passi si sarebbero volti verso questa o quella casa, immediatamente le porte si spalancavano. Inutilmente taluni si affaccendavano a tenerla fuori e la imploravano perché non entrasse. Il suo dominio era talmente potente ed i suoi messaggeri così forti, che nessun potere al mondo poteva resisterle.
Quel giorno il colle brillava al sole. Ed ella era lì. Attendeva. Per la prima volta non aveva dovuto andare a cercare il suo uomo. Egli stesso stava arrivando. La sua bellezza era diversa. Di lui si diceva che era il più bello tra gli uomini, ma il suo volto non aveva i tratti dell’apparenza, ma la sostanza della forza. I suoi occhi erano brillanti, come se da sempre fossero poggiati sull’eternità. Il suo mantello di porpora lo copriva. E non portava armi. Aveva con sé solo il silenzio.
Quando giunse sulla cima del colle, ella lo guardò. Lo osservò come si guarda qualcuno che si desidera da sempre. Lo scrutò con il medesimo desiderio che una preda sente per la sua vittima. Non lo amava. Ella non sapeva amare. Era stata generata come frutto dell’odio. Nel suo cuore non vi era alcuna forma di amore. Solo desiderio e fame. Insaziabile fame della carne degli uomini.
Il Re la guardava. Era fermo dinanzi a lei. Ed anch’ella lo guardava. Aveva immaginato che sarebbe arrivato scortato dalle sue guardie, che si sarebbe difeso, che qualcuno, forse anche un dio, sarebbe venuto a salvarlo. Ed invece no. Egli era lì. Fermo. Immobile. Una statua di Vita dinanzi a lei.
Lentamente ella avanzò. Il suo vestito frusciava ad ogni passo nel silenzio assoluto del Re il cui cuore batteva con forza. Le antiche profezie avevano decretato che il suo destino sarebbe stato in quell’incontro ma la Carne del Re, vera come quella di ogni uomo, fremeva.
La donna avanzava regalmente. Aveva dominato la storia. Il suo passo attraversava tutta intera la creazione. Lo guardava con un misto di curiosità e di derisione. Tutto qui? Era tutto qui quello che il Re poteva fare? Ma il Re taceva. La guardava. La fissava silenziosamente negli occhi.
Poi lei fu lì, dinanzi a lui. Ed il Re vide negli occhi della donna tutto il dolore, la malattia, gli inganni ed il male compiuto nel suo nome. Vide le profonde oscenità della storia umana perpetrate per fuggire da lei o per avvicinarla. E vide tutte le lacrime delle madri e dei padri, il dolore dei figli, la lacerazione degli sposi e delle spose. Vide tutto l’oceano del dolore umano e lo riconobbe nel suo cuore, in ogni fibra della sua carne. Egli era venuto per mettere fine a quel dolore.
La donna lo guardò ancora. Poi stese un braccio, quasi ad abbracciarlo. Il Re aprì le sue braccia ad accoglierla. Chi li avesse guardati da lontano avrebbe detto che due amanti erano finalmente giunti al loro amore. Ma, da lontano, non avrebbe visto quel luccichio. Il luccichio freddo che brillò dal mantello della donna. Fu un attimo. Violento, preciso, sconvolgente.
Il Re lo sentì. La abbracciò mentre il pugnale lacerava le sue carni andando dritto nel cuore. Poi, prima di cadere, la baciò. La baciò come fa un amante, guardandola fin nelle sue più oscure profondità. Poi emise lo spirito e giacque morto.
La donna lo guardò con disprezzo. E rise. Rise con forza. Ma la sua risata, pian piano si trasformò in un urlo, l’urlo di dolore che non aveva mai vissuto. Quello stesso che aveva ascoltato da secoli dinanzi alla sua presenza. E fu allora che la Morte morì. Che svanì dal mondo.
Certo amico mio, la sua ombra, quella che ha toccato il tuo cuore, si aggira ancora per le strade degli uomini, lacera ancora le vite dei padri e delle madri, dei figli e dei fratelli, degli amici e degli amanti, ma il suo passo è diverso. Il suo vestito è di speranza. A solo ben guardare vedrai che ella non uccide più, ma passa seminando la vita. E se toglie agli affetti è solo per restituire, cento volte di più (solo a guardare oltre le apparenze). Perché vedi, ella adesso non ha più il suo nome. Quello è il nome che usano gli uomini quando non ne riconoscono il cambiamento. Il suo nome nuovo è quello che le ha dato il Re.
Ed oggi anche quel colle è pieno di vita. Fiorisce continuamente il giardino del Re. E la Madre sua ne ha fatto il luogo del trono. E cura quei fiori in attesa che il Re ritorni. Perchè il Re tornerà, avanzando dal futuro. Si, con la nostra carne tornerà nel suo giardino. Ed allora la Madre consegnerà a lui ogni cosa. E la storia di questo mondo sarà solo il futuro. E noi saremo insieme, senza più limiti e rinunce. Lo vedi? Quel giorno è già qui, i raggi di quel sole entrano già nel nostro tempo. A noi solo di vederli, non nella fede, ma nell’Amore che riunifica ogni cosa, ogni frammento di vita in Sé.
בואו אדון ישוע
Mysterium Fidei
“Mysterium Fidei”, il prossimo percorso che vi proporrò, comporterà una serie di scatti molto elaborati a carattere religioso, colti presso le cappelle del Santuario di Crea e presso vari musei che ho avuto la fortuna di visitare. In alcuni casi le opere filtrate e rielaborate fanno parte della grande tradizione artistica italiana, Moretto, Mategna, ecc…
A questo punto si pone una domanda: è possibile mettere mano alla rielaborazione di opere di questo tipo? E’ lecito modificarle ed in qualche modo “dissacrarle”? E con quale autorità? Ed in fondo, è possibile lavorare sulla bellezza oppure essa è talmente trascendente rispetto agli uomini che deve essere mantenuta intatta, intoccabile e dunque perfino non rappresentabile?
Questo tema, che sembra del tutto irrilevante ha causato vere e proprie lotte di carattere dogmatico, ancor prima che artistico (la Pop Art è un fenomeno tutto sommato recente, l’iconoclastia, invece è molto antico). Battaglie finite con l’affermazione (molto semplificata) per la quale la bellezza è rappresentabile dall’uomo, poichè dall’uomo si è resa conoscibile.
Da qui perciò bisogna partire per comprendere il percorso “Mysterium Fidei” che arricchirà Kalosf per tutto il mese di settembre. Esso è il tentativo di passare dalla bellezza al mistero. Sulla falsariga di “Astr-azioni” (ed in continuità con esso), desidero provare ad andare “oltre” l’opera d’arte, oltre l’immagine. Il mistero per sua natura, infatti, può solo rivelarsi, ma rivelandosi in realtà si “ri-vela”, ossia si vela di nuovo. Quando vediamo un’immagine di un dio, in realtà non stiamo guardando quell’immagine, ma il rimando, l’indicatore che essa costituisce (“in ed oltre” l’esistenza stessa di dio). Tra l’opera e la realtà vi è la stessa distanza che intercorre tra la parola e l’idea. La parola è solo l’immagine di qualcosa che la oltrepassa infinitamente (e non per questo la parola è meno bella di ciò che rappresenta, essa è bella nella misura in cui svolge il proprio compito). L’immagine è perciò immensamente distante dalla rappresentazione, ma ne è anche potente indicatore e manifestazione. C’è un solo caso in cui l’immagine è trasparenza della realtà, ma è un caso talmente singolare che pur essendo alla base della possibilità stessa di rappresentare la bellezza, non verrà in questo post preso in considerazione e discusso.
Tornando a noi ed al nostro “Mysterium Fidei”, perciò, la domanda che ci stiamo ponendo è: può kalosf prendere un’opera d’arte e trasformarla? Può farne uno scatto che infine non ha quasi più nulla a che fare con l’originale? La sua elaborazione, sarà una forma di bellezza (a prescindere dagli esiti estetici) o no?
Se Kalosf può farlo, credetemi, non è per una forma di superbia (che pure a volte non gli manca), ma per quella sua ricerca della bellezza oltre i canoni “consueti”. La sua visione è che la bellezza non sia uno statico trascendere la realtà, ma sia una relazione che è insita nella realtà, anzi è la Relazione che regge tutta insieme la realtà e la dà un senso.
Un amico di Kalosf scriveva in un commento di “Astr-azione” che perfino le teorie scientifiche, da Einstein in poi, sottostanno al criterio della bellezza e tale criterio è in fondo la relazione tra un dato ed il tutto. Non esiste nulla di slegato dal resto. Non esiste nessuno che sia solo. Esiste la bellezza che innerva di se stessa ogni cosa. Perfino il dolore. La Bellezza è la verità del mondo che esso non ha per propria natura, ma perchè essa si è inserita negli arcani movimenti del cosmo decidendo di inabitarli. La Bellezza e l’Amore, infatti, coincidono.
L’Amore non può essere che Bellezza e la Bellezza, essendo Relazione, non può che essere Amore. Qualsiasi altra realtà è destinata a svanire, ma la Bellezza non finirà mai. Non finirà negli occhi di chi ha provato ad amare e non finirà negli occhi di chi ha amato, ma non finirà nemmeno negli occhi di chi non ha voluto amare. In quel caso, il suo desiderio bruciante sarà la condanna. L’estrema, infinita condanna.
Ma la Bellezza sarà la rivelazione di noi che l’attendiamo, quando ogni particella, ogni attimo avrà un suo senso e tutta questa fragilità, il dolore, le gioie, gli incontri, le mancanze, i misteri saranno svelati. Quando ogni mano sarà colmata, ogni lacrima tersa, ed ogni non-senso verrà trasverberato. Allora la Bellezza sarà Bellezza e raccoglierà ogni cosa in sé.
A Kalosf, il compito discutibile, di trasmettere questo senso, “in-ed-oltre” la bellezza di ciò che lo circonda. In questo mese mi permetterò, inoltre, di ri-pubblicare dei post, usciti quasi all’inizio della storia di Kalosf, che avevano come tema proprio quello della Bellezza e manifestano il senso di questo blog sin dal suo inizio. Ne ri-pubblicherò semplicemente la parte “scritta”. Chi volesse vedere le fotografie collegate, potrà andare agli articoli direttamente dal post (cliccando sulle parole iniziali di ogni frase). Al termine di questo percorso, inoltre, si legherà il “Reinvention 2015”, ossia quelle foto di Kalosf che mi piacerebbe riguardare con voi. In quell’ultima fase, inoltre, alcuni post “scritti”, permetteranno a chi segue il blog di riassumere tutti i percorsi di Kalosf (poetico, estemporaneo, ecc…), di modo da averne quasi una visione d’insieme.
…Perchè, vedete, anche Kalosf come qualsiasi altra cosa su questo mondo, ha un tempo e questo tempo vuole coincidere con la sua ricerca della bellezza, come quella di un cieco che avendola vista una volta, non può poi che vivere attendendo ancora di incontrarla. E facendolo, ritrovare così la Luce…