Mi era già capitato di scrivere sull’astrazione in alcuni post (sono in tutto 5) di qualche tempo fa. Il tema in realtà non è nuovo a Kalosf, nè al suo preciso modo di sentire. Erroneamente infatti, Kalosf potrebbe essere legato ai veri fotografi, come molti bravissimi, si vedono su wordpress. Come già detto in altri luoghi, egli è piuttosto un creatore di emozioni, un ricercatore della bellezza. La precisione, la perfezione degli scatti non sono perciò elementi contemplati nella sua particolare filosofia di vita e di scatto (le due cose coincidono).
Come non è contemplato il perpetuarsi della forma delle cose. Ogni realtà ha infatti come un significato che procede oltre la realtà stessa. Ogni realtà ha al suo interno infinite possibilità che vanno manifestate o almeno intraviste. Se Dio esiste non è fissità aristotelica, ma perpetuo movimento relazionale, spazio di possibilità di qualsiasi altra cosa. Come l’amore è lo spazio delle possibilità (e solo l’irrigidimento ne segna la morte e la rottura), così l’energia vitale che innerva ogni cosa è in realtà movimento, che solo ai nostri occhi appare fissità (…se pensassimo solamente al movimento degli elettroni capiremmo che perfino una roccia è in realtà un continuo brusio di spazi dinamici).
Il tentativo del lungo percorso astrattivo di agosto nel quale è bandito qualsiasi scatto figurativo è allora proprio questo: rendere la sostanza delle cose nel loro movimento, nella loro continua spiralicità. Astrarre in fondo significa etimologicamente “estrarre fuori”, ossia staccare qualcosa dal tutto e renderlo visibile, manifestato. In qualche maniera, per un mese, Kalosf “abbandonerà” questo mondo e si dedicherà alla natura nascosta, all’essenza, rivelata attraverso processi fotografici e filtri. E’ chiaro, il risultato potrà essere discutibile. In fondo il processo che intende rivelare l’astrazione e la sostanza è a sua volta la creazione di un’ulteriore forma che possiede una propria sostanza. Nel caso però di queste creazioni, la sostanza coincide con la forma che l’ha generata. Un fotografo emozionale (penso ad esempio al mio caro e paziente amico Tiferett), potrebbe spacchettare una di queste creazioni e mostrare lo scatto dal quale sono partito (spero non lo voglia fare perchè visti i processi da me seguiti sarebbe un lavoro lunghissimo).
In realtà la questione ha una sua semplicità: tutto ciò che appare non è altro che la forma, la manifestazione di un movimento che tiene in essere le cose. Questo movimento infinito, spiralico è in fondo l’amore che come energia potente sostiene l’universo e dà ad esso uno slancio dinamico. In queste creazioni (non sono più fotografie nel senso stretto del termine) il tentativo è quello di fissare, vedere, questo movimento e di mostrarlo.