Lo aveva già fatto l’anno passato. Lo ha rifatto quest’anno. Ha voluto semplicemente “esserci”, con il suo stile, con il calore tipico del suo blog. Con il suo desiderio di emozionarsi ed emozionare in quella realtà concreta, sensistica nella quale vive.Grazie amica cara. Condividiamo spazi che sono diversi da quelli fisici, ma non meno intensi.
Somewhere over the rainbow
Oggi, dopo tanto tempo, mi è venuta voglia di passeggiare.
Ho aperto le persiane con l’aria insonnolita di tutti i giorni, la barba lunga, le braccia ancora appesantite dalla fatica del lavoro notturno.
Mi sono seduto sulla piccola sedia a sdraio che tengo vicino alla finestra, dovrei davvero decidermi a buttarla via, sorseggiando il caffè fumante nella tazza a fiori che ti piaceva tanto.
Anche la tazza è da buttare, sbeccata, incrinata, ingiallita da troppa caffeina, avrei dovuto farlo tanto tempo fa, avrei dovuto farlo il giorno stesso in cui ti sei chiusa la porta alle spalle, lasciandomi a raccogliere i cocci di una vita che credevo nostra, anche se ero rimasto l’unico a crederci.
Quando penso a te mi manca l’aria, il tuo ricordo è una fiammella dentro un bicchiere capovolto, consumi tutto l’ossigeno e spegni ogni luce.
Per questo ho aperto la finestra, per far entrare aria pulita, che spazzasse via i fantasmi e le ragnatele dagli angoli della memoria, per far entrare luce in questa mansarda abbandonata dalla vita.
Il sole! Non ricordavo più quanto fosse confortante il suo calore sulla pelle, è passato troppo tempo da quando fuggivamo al mattino presto, la sedia a sdraio sotto il braccio, per andare ad immergerci nel sole, riscaldare la pelle fino a renderla bollente, abbracciarci come volessimo fondere i nostri corpi in un unico immenso raggio luminoso.
Ricordo la tua pelle bianchissima, mi piaceva accarezzarla piano, creare con i polpastrelli una mappa di ogni linea, ogni neo, ogni piccola perfetta imperfezione del tuo corpo. Ero un cieco e tu il mio alfabeto braille.
Eri molto orgogliosa di quel candore, per questo ti proteggevi con quel buffo ombrello colorato, ridendo del mio imbarazzo quando ti ostinavi ad aprirlo in mezzo alla gente, indifferente agli sguardi sconcertati di chi non poteva capire, di chi alzava la testa cercando una pioggia che si ostinava a non arrivare.
Ti piaceva farlo ruotare velocemente, finchè i colori si confondevano in un’unica sfumatura di bianco che annullava le differenze.
Il bianco uniforma, leviga, calibra gli strumenti, riporta al punto di partenza, al ground zero ed oggi mi sento così, un puntino bianco che ha solo voglia di ricominciare, di ricostruire dopo tanta desolazione.
Per questo ho afferrato il tuo ombrello colorato, per questo sono sceso in strada nel sole tiepido del pomeriggio, per questo, incurante degli sguardi sconcertati di chi cerca solo la pioggia, l’ho aperto immergendomi nei colori della vita.