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E fu la luce a rivelare le trasparenze del silenzio…
E fu la luce a legare la diversità…
Crepuscolo autunnale / da solo faccio visita / a un’altra solitudine (Yosa Buson)
Un anno di noi: Rosanna e Kalosf
Leggero. Leggiadro perfino. Eppure prezioso, sensato. Ricco di colori e sfaccettature. Il blog di Rosanna ha questa caratteristica. Descrive i sentimenti attraverso la poesia, l’aforisma, a volte brevissimi passaggi poetici che lasciano però una sensazione come impressionistica.
Per il compleblog di Kalosf ha voluto partecipare con questa creazione, che ne illustra tutta la ricchezza e per la quale la ringrazio infinitamente. Grazie Rosanna, per averci voluto essere e per la tua presenza poetica.
-Nella stanza dei ricordi.-
In un inverno del cuore,
abbracciai antiche memorie
-nella stanza dei ricordi.
Tra fregi di emozioni
il mio sguardo si fermò
-da riflessi rapito
bluastri contorni di luce
or dipingevano l’aria.
Era essenza di speranza
-da vaso di Pandora sortita
a lenire dell’anima gli affanni.
-Rosanna Russo©-
Un anno di noi: Piero e Kalosf
E’ un uomo dalla ricchezza emozionale non indifferente. Lo conosciamo per quella sua capacità di proiettare i sentimenti nelle sue creazioni con stile e garbo che sottintendono un cuore signorile e dall’intensa colorazione umana. Il suo blog ha la caratteristica di descriverci una storia del cuore, una sorta di diario sentimentale attraverso le narrazioni.
Grazie Piero per la tua scrittura. E per aver voluto esserci in questo compleblog.
La partitura
Un odore salmastro satura l’aria, dispiegando esotici veli di leggenda e mistero in questa casa, dove il nostro amore visse. Apro una finestra: la fresca brezza marina ravviva istantaneamente polveri ed insetti, invitandoli a danzare festosamente nei raggi di sole che timidamente fanno capolino. Già! Hai ragione. Abbandonai questa casa nello stesso giorno in cui la lasciasti tu, sancendone così la trasformazione in un museo. Lo sai, non so più sorridere, ma dovrei. Perché ci sono ancora i quadri di quel pittore squattrinato e talentuoso che apprezzammo solo noi e la fatiscente poltrona di mia nonna che m’impedisti di buttar via. E sull’attaccapanni dell’ingresso, c’è ancora quell’orrendo tuo soprabito che quasi ferisce gli occhi, quando il suo colore verde tenta di rinascere alla luce del giorno. Sì, proprio quello che nelle fredde notti invernali indossavi, per uscire in giardino a parlare della mia testardaggine ai gatti randagi, facendo eco ai loro miagolii con le tue rimostranze per averti io messa di cattivo umore ma giurando, di fronte alle loro perplesse pupille dilatate, che comunque mi amavi e avresti continuato a farlo.
Giuro, non visiterò nessuna delle stanze di questa casa. Ed eviterò accuratamente soprattutto quelle in cui andarono in scena i nostri slanci. D’altra parte è l’ultima volta che ci vengo. Mi hanno concesso di prelevare qualche oggetto “affettivamente importante”. Così ha detto l’avvocato, sai? E che cosa potrei mai prendere? Un album di fotografie, una boccetta di profumo, un libro, un biglietto? No! Meglio che rimanga tutto al suo posto e che sia la loro ignominia a cancellare le nostre tracce. “Un paio d’ore, non di più”, ha aggiunto lui. Come se uno potesse riuscire in tutta fretta a rimettere assieme i minuziosi pezzi della propria vita, decidendo infine quali conservare. Sono tutti pazzi, amore mio. E da quando non ci sei più, con quei pazzi io non mi sono più ritrovato. Ho perso la luna, dicono. Sono diventato un altro e sragiono, dicono. E forse non hanno torto, concludo. Anche perché non ho mai provato a dargli spiegazioni. Non avrebbero mai capito che senso potesse avere una vita priva di te. Senza quegli occhi azzurri che frustavano i miei sensi come una scossa elettrica. Porteranno via tutto, lo so. Ma la mia anima no, quella non l’avranno.
Mi faccio coraggio, sprofondando nel buio della sala. Ricordo improvvisamente la fioca lampada che usavi quando t’immergevi nello studio, l’accendo e riappare il vecchio pianoforte. Sì, quello su cui, in preparazione di un concerto, ti esercitavi fino a non sentire più le dita. Ecco la poltrona da cui io, privilegiato unico spettatore, mi deliziavo d’ascoltare meravigliose sonate. Quasi rivedo i tuoi lunghi capelli biondi prendere vita all’improvviso come quando, a causa di una piccola imperfezione nell’esecuzione, ti giravi verso di me e mi accusavi d’averti disturbata. Con un sospiro d’amore, forse? – ti canzonavo io. La tua rigogliosa risata stemperava la tensione e apriva le braccia all’amore: la tua arte allora trionfava nei nostri impeti.
Scopro la tastiera. La fila dei tasti è perfetta e armoniosa e profuma ancora di te. Quasi riesco a rivedere le tue dita affusolate che scorrono veloci, spargendo intorno a noi le melodie che rendevano perfetta la nostra vita. La nostra sezione aurea. Così la chiamavi tu.
Do, Do diesis, Re, Mi bemolle, Mi, Fa… lì invece si fermava tutta la mia abilità di toccare quei tasti così magicamente disposti. Tu già sapevi che non sarei mai stato come te ma non rinunciavi. Il tocco delicato delle tue mani sulle mie, nel dolce tentativo di scioglierle, lo sento ancora. Non ti sei mai arresa e non avresti voluto che lo facessi io. Ma è giunto il momento, amore! Fra poco ti riabbraccerò e ti chiederò, ancora una volta, di suonare quel pezzo che ci piaceva tanto, “A blossom fell”, un fiore caduto. Anche tu sei caduta amore, per la prima volta arrendendoti, e ad una canaglia di malattia. Quel giorno, precipitai anch’io. Sarei dovuto correre da te prima, lo so. Scusa, amore, se t’ho fatta aspettare. Ascolta, amore, son pronto: Fa diesis, Sol, La bemolle, La, Si bemolle, Si.
Sarò io a portare a compimento la partitura che il tuo mirabile amore seppe creare.
Un anno di noi: Silvia e Kalosf
La brevità è spesso sintomo di consistenza. Silvia ci ha abituato nel suo blog a post rapidi, spesso lasciati cadere nella blogsphera la sera, quando il cuore è più recettivo. In questa composizione c’è tutto il suo stile essenziale e la sua capacità di vedere dentro le cose.
Grazie Silvia. Per i tuoi “dolce notte” e per la tua presenza.
Nell’incantesimo di un nuovo giorno un raggio improvviso a illuminare un tacito accordo,
segreto, invisibile ai più,
l’unione di due anime che si promettono il futuro.