Il Regno delle Dodici Porte (5)

Dopo quegli eventi seguirono vent’anni di invasioni. Popoli sconosciuti invasero più volte il Regno mentre la Porta Dodicesima restava sempre aperta. In alcuni casi furono i cittadini stessi a richiedere l’aiuto di popoli stranieri. Ma ogni qual volta una nuova razza oltrepassava la Dodicesima Porta si instaurava un regno ed un tempo di dolore e di orrore. Passaggi veloci, razzie, violenze, tutto senza che dal Santuario provenisse alcun segno. Ed i tempi del dolore si prolungavano. La città impoveriva, e mentre accadeva si cristallizzava. Una malattia misteriosa ne aveva invaso le mura e le porte. Come una patina di ghiaccio che iniziava a ricoprire ogni cosa. La città brillava al sole ma non per lo splendore delle sue mura, quanto per il gelo del ghiaccio.

Fu allora che giunse l’Esule.

La sua venuta fu salutata come quella di un possibile salvatore. Negli 8 anni della sua presenza il male della città si bloccò ma l’Esule non era fatto per restare. I cittadini sapevano che non sarebbe rimasto, ne avvertivano l’instabilità. Ed egli non comprendeva il senso del Santuario al centro della Città. Non comprendeva il mistero di quella Luce contenuta in esso. La dodicesima porta intanto continuava a restare aperta e fu nel secondo mese della sua presenza che avvenne la tempesta di sabbia. La più lacerante che mai fosse avvenuta. Il vento cominciò a soffiare con violenza ed iniziò ad alzare le sabbie del deserto. La città fu invasa dalle sabbie, molti cittadini morirono soffocati perché non c’era rifugio alla finissima sabbia bianca del deserto. Si salvarono in pochi ed il gelo intorno alle mura si sciolse. Poi anche l’Esule, come era arrivato, andò via.

 

Il Regno delle Dodici Porte (4)

Mentre il Padre era ancora nella città, giunse il primo custode. Poco si narra di lui. Si dice venisse dall’Occidente estremo. Ma il suo nome ed il suo operato sono ormai persi nell’oblio.

Poi il Padre finì la sua opera e venne chiamato in un altro Regno.

La città visse qualche anno di pace, fin quando 200 anni dopo, non giunse il secondo custode. La sua venuta è avvolta nella leggenda. Si racconta che egli abbia raggiunto la città in una notte invernale. In un dicembre freddo e gelato. Il suo arrivo non fu accompagnato da squilli di tromba. Entrò nella città nella notte. Silenziosamente. Il giorno dopo i cittadini lo trovarono seduto sulle scale del santuario. Il suo sguardo era limpido, ma il suo cuore in lotta. Tutti compresero che quell’uomo sarebbe stato una promessa ed una condanna per il Regno, ma nonostante ciò tutti percepivano l’importanza di quella presenza. Alle sue spalle vi era sempre come un ombra, come un fantasma fatto di polvere, che in alcuni giorni era più denso, in altri sembrava svanire. Non parlava molto, ma si curava del Regno con sollecitudine. Chi giungeva anche da lontano trovava accoglienza, ma andava via con un senso di freddo dentro il cuore. Il secondo custode resse il Regno per 70 anni. Poi in un giorno di gennaio, come era arrivato, disparve. Lacerò tutte le bandiere, distrusse le opere che aveva compiuto e svanì. Si racconta che avrebbe addirittura cercato di violare le porte del Santuario dello Splendore. Ma nessuno sa se questa vicenda sia vera o una pura invenzione. Di certo è che al suo svanire, di colpo, svanì anche il lago sul quale la città era costruita. Ed al suo posto, in una sola notte, si formò il deserto. Fu allora, in quegli anni terribili di arsura, che il popolo vide di nuovo il globo di luce. Esso valicò le porte del Santuario dello Splendore e si manifestò al popolo. Il suo apparire era come un gorgogliare. Apparve di notte ed i cittadini videro una luce provenire dal Santuario. Esso si fermò sopra la cuspide ed iniziò a scendere verso il basso, poggiandosi sul suolo. Fu allora che per la prima volta sentirono il rumore della Sorgente e videro dalla base del Santuario sgorgare un ruscello di acque limpidissime e fredde. Esse presero a scorrere lungo la città e ne raggiunsero il perimetro irrigando il deserto interno.

 

Il Regno delle Dodici Porte (3)

Durante i 90 anni della presenza del Padre, lo Splendore venne ad abitare nel recinto del Regno. Ciò avvenne dopo un tempo di tumulti. Nonostante la presenza del Padre, infatti, i cittadini si scontrarono e divisi in opposte fazioni (i pescatori, i contadini ed i signori) iniziarono a darsi guerra all’interno delle mura della città. Furono combattimenti sanguinosi ai quali il Padre assistette chiuso nel suo silenzio. Il dolore per la lacerazione della città che gli era stata affidata, lo colmava di lacrime, ma il suo mandato non gli permetteva di intervenire.

Poi fu la tragedia. In un giorno di settembre avvenne l’attacco finale. Gli uni contro gli altri, armati delle fiamme si scontrarono nel centro del Regno. E la città, come reagendo a tanto odio, implose. Rimasero in piedi solo le mura.

Il Padre uscì fuori dalle macerie ed il suo abito non ne era impolverato. Guardò ciò che restava della città e dei suoi abitanti e così parlò

Verrà il tempo in cui un sigillo di fiamma e cielo verrà posto sul tuo stipite.

E lo porterai sul braccio e sul cuore,

perché il sigillo d’oro e acqua marina ti renderà sicuro tra i regni del mondo.

E non temerai più invasioni e lotte,

perché il tuo santuario, quando la porta riceverà l’ultimo sigillo,

sarà innalzato più in alto di ogni santuario e vivrai nella pace

Fu in quel momento che dal cielo venne un rombo come di tuono e gli abitanti superstiti sentirono un Vento fortissimo soffiare ed invadere la città fin dalle sue fondamenta. Le 11 porte si aprirono tutte insieme, mentre la polvere delle macerie veniva soffiata via con potenza. Poi fu bonaccia. E fu allora che videro ciò che nessuno aveva mai visto: dall’est, lentamente, un globo infuocato si avvicinò alla città. Ne sentivano il calore divorante, come di un fuoco che arde ma non consuma. Potevano vedere le fiamme brillare ed ardere, ma non se ne percepiva l’origine. Il globo si fermò al centro della città, nella immensa piazza dalla quale a raggiera partivano tutte le vie.

Nessuno respirava. Solo il Padre si avvicinò e stese la mano. Dall’alto il globo iniziò a scendere. Lentamente. E mentre scendeva iniziò a brillare meno, fin quando non restò come una luce densa sopra la mano del Padre. Il volto dell’uomo brillava e solo allora i cittadini si accorsero di come egli fosse un inviato dallo Splendere e tutti dinanzi a lui ed al fuoco che sostava sulla sua mano, si inginocchiarono.

“Sia Pace” egli disse. E come in un istante i cuori si sedarono. “Questo è il luogo che lo Splendere, nello Splendore, ha scelto. Qui sarà edificato il Santuario della Profezia. Da oggi in poi Egli abiterà sempre con voi. Ogni giorno, sino alla fine del migrare dei secoli”.

Fu così che dalle macerie della città, con i resti di ciò che era stata, venne edificato il Santuario dello Splendore, come una cuspide verso il cielo. Al suo interno una sola stanza nella quale il globo di luce si lasciò racchiudere, perché il Santuario venne costruito attorno al globo, mentre il globo continuava a sostare nella città.

 

Il Regno delle Dodici Porte (2)

Inizialmente il Regno era un luogo disabitato, ma la vicinanza con il Lago della Luce e quei margini luminosi, iniziarono ad attrarre abitanti. Poche famiglie si stabilirono nel perimetro e lentamente iniziarono a costruire delle mura. Che si ricordi, nonostante i confini splendessero, le mura originarie erano molto più piccole e fragili di quelle che successivamente circondarono il Regno. Allora non era stata ancora donata la profezia alla Città, né coloro che vi abitavano sapevano dei custodi che si sarebbero succeduti e del Pellegrino che infine sarebbe giunto. I tempi dei quali le cronache narrano sono tempi lontanissimi e la leggenda si confonde con la storia e questa con il mito.

18 lunghi secoli passarono dalla fondazione del Regno, quando finalmente si iniziò la costruzione delle mura perimetrali e la loro istituzione si deve a colui che viene chiamato il Padre. Egli con un lavoro durato 90 anni edificò le mura e le fece massicce, chiudendole con 12 porte preziose. Per ogni porta piantò un diverso fiore che ne custodisse l’ingresso e l’uscita. Una sola non chiuse, quella che si sarebbe chiusa a suo tempo con il Fiore della Vita e della Morte.  

 

Il giardino del Re (un racconto per una persona amata)

Quando giunse in cime al colle era bellissima. Il suo vestito tessuto delle lacrime degli uomini risplendeva al sole. Il suo manto ricamato dal dolore delle donne, la avvolgeva nel suo buio. Era bellissima. lo era sempre stata. I suoi amanti non avevano età, poichè ogni uomo o donna o bambino o ragazzo, finiva tra le sue braccia quando ella bussava alle porte di una casa. Era la signora del mondo. Il suo dominio si estendeva per tutto l’universo e la temevano perfino negli angoli più sconosciuti della terra.

Quando ella decideva che i suoi passi si sarebbero volti verso questa o quella casa, immediatamente le porte si spalancavano. Inutilmente taluni si affaccendavano a tenerla fuori e la imploravano perché non entrasse. Il suo dominio era talmente potente ed i suoi messaggeri così forti, che nessun potere al mondo poteva resisterle.

Quel giorno il colle brillava al sole. Ed ella era lì. Attendeva. Per la prima volta non aveva dovuto andare a cercare il suo uomo. Egli stesso stava arrivando. La sua bellezza era diversa. Di lui si diceva che era il più bello tra gli uomini, ma il suo volto non aveva i tratti dell’apparenza, ma la sostanza della forza. I suoi occhi erano brillanti, come se da sempre fossero poggiati sull’eternità. Il suo mantello di porpora lo copriva. E non portava armi. Aveva con sé solo il silenzio.

Quando giunse sulla cima del colle, ella lo guardò. Lo osservò come si guarda qualcuno che si desidera da sempre. Lo scrutò con il medesimo desiderio che una preda sente per la sua vittima. Non lo amava. Ella non sapeva amare. Era stata generata come frutto dell’odio. Nel suo cuore non vi era alcuna forma di amore. Solo desiderio e fame. Insaziabile fame della carne degli uomini.

Il Re la guardava. Era fermo dinanzi a lei. Ed anch’ella lo guardava. Aveva immaginato che sarebbe arrivato scortato dalle sue guardie, che si sarebbe difeso, che qualcuno, forse anche un dio, sarebbe venuto a salvarlo. Ed invece no. Egli era lì. Fermo. Immobile. Una statua di Vita dinanzi a lei.

Lentamente ella avanzò. Il suo vestito frusciava ad ogni passo nel silenzio assoluto del Re il cui cuore batteva con forza. Le antiche profezie avevano decretato che il suo destino sarebbe stato in quell’incontro ma la Carne del Re, vera come quella di ogni uomo, fremeva.

La donna avanzava regalmente. Aveva dominato la storia. Il suo passo attraversava tutta intera la creazione. Lo guardava con un misto di curiosità e di derisione. Tutto qui? Era tutto qui quello che il Re poteva fare? Ma il Re taceva. La guardava. La fissava silenziosamente negli occhi.

Poi lei fu lì, dinanzi a lui. Ed il Re vide negli occhi della donna tutto il dolore, la malattia, gli inganni ed il male compiuto nel suo nome. Vide le profonde oscenità della storia umana perpetrate per fuggire da lei o per avvicinarla. E vide tutte le lacrime delle madri e dei padri, il dolore dei figli, la lacerazione degli sposi e delle spose. Vide tutto l’oceano del dolore umano e lo riconobbe nel suo cuore, in ogni fibra della sua carne. Egli era venuto per mettere fine a quel dolore.

La donna lo guardò ancora. Poi stese un braccio, quasi ad abbracciarlo. Il Re aprì le sue braccia ad accoglierla. Chi li avesse guardati da lontano avrebbe detto che due amanti erano finalmente giunti al loro amore. Ma, da lontano, non avrebbe visto quel luccichio. Il luccichio freddo che brillò dal mantello della donna. Fu un attimo. Violento, preciso, sconvolgente.

Il Re lo sentì. La abbracciò mentre il pugnale lacerava le sue carni andando dritto nel cuore. Poi, prima di cadere, la baciò. La baciò come fa un amante, guardandola fin nelle sue più oscure profondità. Poi emise lo spirito e giacque morto.

La donna lo guardò con disprezzo. E rise. Rise con forza. Ma la sua risata, pian piano si trasformò in un urlo, l’urlo di dolore che non aveva mai vissuto. Quello stesso che aveva ascoltato da secoli dinanzi alla sua presenza. E fu allora che la Morte morì. Che svanì dal mondo.

Certo amico mio, la sua ombra, quella che ha toccato il tuo cuore, si aggira ancora per le strade degli uomini, lacera ancora le vite dei padri e delle madri, dei figli e dei fratelli, degli amici e degli amanti, ma il suo passo è diverso. Il suo vestito è di speranza. A solo ben guardare vedrai che ella non uccide più, ma passa seminando la vita. E se toglie agli affetti è solo per restituire, cento volte di più (solo a guardare oltre le apparenze). Perché vedi, ella adesso non ha più il suo nome. Quello è il nome che usano gli uomini quando non ne riconoscono il cambiamento. Il suo nome nuovo è quello che le ha dato il Re.

Ed oggi anche quel colle è pieno di vita. Fiorisce continuamente il giardino del Re. E la Madre sua ne ha fatto il luogo del trono. E cura quei fiori in attesa che il Re ritorni. Perchè il Re tornerà, avanzando dal futuro. Si, con la nostra carne tornerà nel suo giardino. Ed allora la Madre consegnerà a lui ogni cosa. E la storia di questo mondo sarà solo il futuro. E noi saremo insieme, senza più limiti e rinunce. Lo vedi? Quel giorno è già qui, i raggi di quel sole entrano già nel nostro tempo. A noi solo di vederli, non nella fede, ma nell’Amore che riunifica ogni cosa, ogni frammento di vita in Sé.

בואו אדון ישוע

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